“Il signore delle mosche” di William Golding

di Fatima Fasano / 

“Il signore delle mosche” è il primo romanzo dello scrittore britannico William Golding. Si tratta di un’opera distopica in cui si ha uno scenario quasi paradisiaco ma che ben presto perde la sua essenza idilliaca. La distopia è una realtà immaginaria che però si basa su quella presente e reale. È una denuncia della società le cui caratteristiche vengono trasportate in un nuovo contesto, ricreato con nuovi elementi ed eventi che portano a sviluppi negativi. 

Partiamo dalla trama… 

A causa di un incidente aereo, dei bambini si ritrovano su un’isola, da soli. Inizialmente approfittano della loro libertà: corrono, giocano, si divertono. Ma ben presto si trovano a fare i conti con la realtà e soprattutto con la necessità di organizzarsi per cercare di mettersi in salvo nell’unico modo possibile: farsi notare con un fuoco da tenere sempre acceso. 

Ogni personaggio diventa specchio di una categoria di persone e sottolinea i modi diversi di reagire agli eventi: 

  • Ralph è il capo eletto dai bambini. La sua antitesi è Jack, il capo del coro. Entrambi mostrano di poter essere dei leader ma hanno interessi diversi e gestiscono i profughi in modo opposto. Il primo cerca di mantenere viva la razionalità, mentre il secondo si lascia andare alla violenza.  
  • Piggy è la mente del gruppo. Molte volte viene deriso, messo da parte. Eppure, è lui che spesso riesce a far prevalere la ragione sull’istinto primitivo. Roger è la sua contrapposizione. Questi, infatti, è l’immagine dell’aggressività e della cattiveria. 
  • Simon è l’unico ragazzino che quasi si allontana dal concreto per avvicinarsi a una realtà spirituale. È lui l’unico che parla con il Signore delle mosche ed è sempre lui che profetizza la salvezza di Ralph. 

Leggiamo i pareri dei lettori di LibCrowd: 

Gianluca:

È un libro da far leggere in ogni epoca. L’isola dei famosi ante litteram ma senza finzioni. È un ritratto impietoso dell’animo umano che, in determinate condizioni, sa spogliarsi di qualunque principio di solidarietà e rispetto per gli altri e può tornare senza colpo ferire a un sistema di potere tribale. 

Serena S.:

Questo libro si vive sulla propria pelle: le emozioni sono così vividamente descritte da lasciare un segno. La razionalità che si infrange contro la cecità della brutalità umana è qualcosa che lascia dentro un senso profondo di inquietudine e di impotenza. È veramente impossibile illuminare la potenza cieca dell’irrazionalità? La risposta ce la suggerisce Ralph in più punti della narrazione e ce la conferma Simon inequivocabilmente con un bel pugno in faccia. Da leggere e rifletterci su. 

Serena M.:

Provo a seguire il ragionamento di Serena Severa. È veramente impossibile illuminare la potenza cieca dell’irrazionalità? Senza voler aprire discussioni filosofico-morali forse poco pertinenti, ma è possibile che un cervello possa elaborare qualcosa di non razionale? La discussione sulla comprensione della razionalità umana è quanto mai complessa e priva di soluzione. Dovremmo rassegnarci quindi all’idea che davanti alla paura, all’impotenza, alla frustrazione, tutti diventiamo egoisti e brutali? Questo testo conduce verso infinite letture e riflessioni. Esattamente come dovrebbe fare un libro. Un buon libro. 

Dora:

La prima parola che mi viene pensando a questa storia è “disagio”. Sia quello che vivono i personaggi, ragazzini, in una situazione nuova – a un primo sguardo perfetta, libera – sia quello che viviamo noi leggendo il libro.
Si notano subito elementi infantili, ad esempio quando Piggy spera che sull’isola non sarà chiamato col soprannome che gli davano a scuola; oppure l’entusiasmo dei ragazzini nell’accendere il fuoco dimenticando completamente gli altri bambini (come quello con la voglia sul viso che tornerà spesso nei pensieri di Ralph); l’euforia senza controllo che si trasforma in brutalità. Allo stesso tempo, però, la maturazione di uno dei protagonisti, Ralph, è palese. Lui è l’unico che pensa costantemente a tenere acceso il fuoco. Perché? A volte gli sfugge ma ricorda che tenere acceso il fuoco lo porterà alla salvezza. Si tratta forse anche del fuoco della ragione? Agli altri ragazzini importa poco del fuoco, non lo ricordano né riescono a controllarlo. E proprio Jack è l’esempio migliore. La perdita di controllo, una morale non ancora formata, il desiderio del comando gli fanno perdere completamente di vista l’obiettivo principale (una volta comune): essere salvati. Credo che tutti debbano leggere questo libro, non soltanto per guardare a una società in formazione ma per capire anche meglio gli esseri umani, e chiederci, anche se adulti, cosa avremmo fatto noi in quella situazione? 

“Il signore delle mosche” porta a numerose riflessioni

Il romanzo di William Golding ci porta a diversi interrogativi e a numerose riflessioni. Inoltre, mostra come è corruttibile l’animo umano, com’è difficile rimanere lucidi in situazioni problematiche. “Il signore delle mosche” mette in campo dei ragazzini civilizzati che però in condizioni complicate perdono la loro “civiltà”, il buonsenso, gli insegnamenti e i comportamenti a cui sono abituati. Si lasciano andare a qualcosa che forse è radicato nell’animo umano, a qualcosa che fa parte dell’essere animale più che dell’essere umano. Perché? Perché di fronte alla paura, quella irrazionale della presenza di una bestia o quella reale di non essere salvati, anche gli adulti possono tornare a essere bambini, anche gli adulti possono arrivare a perdersi e a reagire in modi che non si credono possibili.  

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