Francesco Puccio: quando il mare greco si tinge di giallo

Francesco Puccio

di Mariavittoria Veneruso/ Il senso del mistero custodito nel ventre del mare greco e il fascino della narrazione animano la scrittura di Francesco Puccio, ricercatore all’Università di Padova, autore e regista teatrale.

È inoltre ideatore e direttore artistico del progetto “L’antico fa testo”, un progetto di ricerca sulla performatività del mito classico sulla scena moderna. Ha scritto romanzi per Albatros, Effigi, Iemme e Marlin. Con quest’ultima ha pubblicato, nell’aprile del 2021, il suo ultimo romanzo: Il posto degli assenti.

La tangibile presenza dell’assenza

Francesco Puccio, a proposito del suo ultimo romanzo Il posto degli assenti, ha rivelato: «Questo è un romanzo che nasce da una riflessione sul tema dell’assenza che mi porto dentro da tempo. Accade, talvolta, che certi temi bussino alla nostra porta e senza aspettare che li si lasci entrare. Si mettono comodi, in attesa che ad essi ci si rivolga. Occupano lo spazio intorno, abitano i luoghi, attraversano le memorie, e iniziano a diventare parte del tuo vissuto»
Si può dunque affermare che l’assenza appare a volte tanto tangibile da divenire una presenza costante?

L’assenza può costituire una presenza costante nella vita di ciascuno. Si presenta come un’affermazione ossimorica, eppure è quello che accade. E non mi riferisco solo all’assenza intesa come perdita di qualcuno che abbiamo amato o al quale siamo stati legati da un’amicizia profonda. Ma anche a un’assenza che assume le sembianze di un distacco, di una separazione. Di un vuoto che talvolta facciamo fatica a colmare, e che forse non riusciremo mai.

Il turchese mare greco

In Il posto degli assenti il turchese mare greco si tinge di giallo. Da dove nasce l’idea di fondere con armonia storie dal sapore giallo con profonde riflessioni sulle relazioni d’amicizia e amore?

Ho cercato di costruire una storia che avesse il suo baricentro oltre che nel tema dell’assenza, che rappresenta il vero filo rosso del romanzo, anche in un legame d’amicizia esemplare, fatto parole e di silenzi, di racconti e di ritorni. Ma mi affascinava pure l’idea che sullo sfondo la vicenda potesse riservare un mistero, non tanto reale, quanto legato a una sorta di dimensione onirica e immaginaria. Non sono uno scrittore di gialli, per quanto mi piaccia leggerli, ma mi intriga molto il modo in cui gli autori specializzati in questo genere sanno costruire il labirinto narrativo. Labirinto dal quale il lettore è chiamato a venire fuori insieme con il protagonista.

Testi teatrali ispirati a personaggi della mitologia classica, viaggi a Cefalonia, storie ambientate tra le isole dell’Egeo: quale passione lega Francesco Puccio alla Grecia?

La Grecia, con i suoi miti e suoi racconti, con i suoi spazi reali e immaginari, è per me un luogo dell’anima. Proprio come il Sud della mia terra, al quale appartengo e al quale, anche come autore di teatro, ho sempre dedicato molti dei miei viaggi letterari e performativi. E quel mare che ha custodito storie leggendarie e avventurose, ospitato innumerevoli viaggi di ricerca e di esplorazione, ma purtroppo anche di disperazione e di fuga da zone di guerra e di povertà, immagino possa ancora oggi rappresentare uno spazio da percorrere nel nostro nostos quotidiano.

Scritture a confronto

La scrittura teatrale presenta evidenti differenze con quella di romanzi. Come convive Puccio autore teatrale con Puccio scrittore?

Cerco di mantenere separati i piani e gli stili. Per quanto naturalmente entrambe le scritture abbiano bisogno di continue immagini e visioni che diano vita alle parole e ai dialoghi. La scrittura scenica, però, può giovarsi di un elemento in più rispetto alla narrativa: la presenza dell’attore. Questi rilegge e rivive quello che l’autore scrive non solo come esperienza individuale, isolata, ma anche come forma di relazione e di condivisione con una comunità. Gli spettatori, infatti, sono chiamati in un determinato hic et nunc a partecipare attivamente a quel processo creativo.

Tra le attività di cui lei si occupa, compare anche la ricerca circa la performatività del mito classico sulla scena moderna. Può l’antico essere ancora attuale?

L’antico riesce ad essere attuale nel momento in cui ci rendiamo conto, con oggettiva lucidità, delle differenze e delle distanze che separano ciascuna epoca da quella contemporanea, pur nelle analogie e nelle affinità che si possono riscontrare. Certo è che la cultura classica – e con la mia compagnia “L’antico fa testo” e il mio progetto teatrale nei siti archeologici e nelle aree museali me ne occupo da anni – ha saputo sviluppare miti, temi, categorie di pensiero che, attraverso la poesia, il teatro, la filosofia, l’arte, sono giunti fino a noi. Mostrandoci, pur nelle molteplici contraddizioni che possono aver caratterizzato la civiltà greco-romana, tutta la grandiosità di un mondo che ha avuto una capacità impareggiabile di inventare e raccontare storie. Naturalmente, il nostro sforzo non può essere solo quello di conservare e di valorizzare un patrimonio, ma anche di aggiungere ad esso la nostra identità.

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